Famiglia Reale Paternò Castello Guttadauro d'Ayerbe d'Aragona di Carcaci Principi d'Emmanuel


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Tribunale di Pistoia

Estratto Della Sentenza In Grado Di Appello


Del Tribunale Penale Di Pistoia



(Sezione Unica)

in data 5 giugno 1964

Il PRESIDENTE


Signor Dottor Mario Ciantelli

MAGISTRATI

Dr. Umberto Stoppoloni, Giudice Est., Dr. Giovanni Ponzetta, Giudice

SENTENZA

Nella causa penale in grado di appello

CONTRO

PATERNO' FRANCESCO MARIO fu Roberto e Paternò Castello Eleanora, nato il 20 giugno 1913 a Catania, elettivamente domiciliato presso Avvocato Pensavalle di Catania.

IMPUTATO

(a) del reato p.e.p. degli articoli 81 opv 640, 56, 640 del Codice Penale . perchè elargiva come veri, falsi titoli onorifichi . nonché titoli nobiliari falsi e, comunque invalidi ..

(b) del delitto p.e.p. dell'articolo 81 del Codice Penale e articolo 8 della legge del 3 marzo 1951 Nr. 178, per aver conferito, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso i titoli di cui sopra .. Denunciato in Montecatini Terme il 14 luglio 1958. Aggravato dalla recidiva. Appellante avverso la sentenza del Pretore di Monsummano Terme in data 29 maggio 1962, con la quale fu condannato a mesi 4 e gg. 15 di recl. E alla multa di L 220,000 per il reato di cui al capo (b) della rubrica . e fu assolto dal reato di cui al capo (a) della rubrica . per insufficienza di prove.
In esito alla odierno pubblico dibattimento secondo le norme del rito.
Con tempestivo appello l'imputato ha impugnato la citata sentenza; chiedendo di essere assolto perchè il fatto non costituisce reato, - omissis - Durante la fase preliminare del giudizio di appello l'appellante ha prodotto diversi documenti tendenti a dimostrare la legittimità dei titoli onorifici da esso distribuiti - omissis - Osserva il Tribunale : la imputazione contestata all'imputato parte dal presupposto che le onorificenze distribuite dal Paternò fossero false o illegittime; quanto alla falsità non ne sussiste alcun indizio, in quanto lo stesso imputato ha riconosciuto di averle concesse di sua iniziativa ed in base ad un ritenuto suo potere o facoltà legittima. Si tratta pertanto di accertare se tale legittimità sussiste, perchè nel caso positivo la concessione delle sudete onorificenze non costituisce violazione dell'art. 7 L 3.3.1951 n.178.
Invero devesi rilevare che ai sensi degli art. 7 e 8 della legge suddetta, mentre è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche da parte di enti, associazioni e privati e ne è punito l'uso fattone in qualunque forma e modalità, sono invece leciti il conferimento e l'accettazione di onorificenze a cittadini italiani conferite da ordini non nazionali, o da Stati esteri, mentre ne è soltanto vietato l'uso in mancanza di autorizzazione del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero degli Affari Esteri.
Senza l'applicazione di tale interpretazione la norma in esame rimarebbe priva di significato, perchè la menzione di ordini non nazionali, in relazione con la possibilità che sia autorizzato l'uso delle relative concessioni possono esistere ed essere accettate. Tale interpretazione trova del resto conferma nei lavori parlamentari, da cui risulta che la dizione "ordini non-nazionali" è stata aggiunta all'originario testo dell'art. 7 e che l'espressione "non possono accettare" vi è sostituita con l'altra, "non possono usare nel territorio della Repubblica". In sostanza, con le norme in esame il legislatore ha voluto vietare che soggetti diversi potessero prendere iniziativa di farsi elargitori di onorificenze e decorazioni senza averne un effettivo preesistente titolo o facoltà; ed inoltre che tali concessioni rimangono nell'ambito privato del soggetto insignito, salvo un'autorizzazione ad usarla in pubblico, senza la quale le stesse concessioni rimangono atti indifferenti per il diritto interno dello Stato, il quale ne vieta le manifestazioni esteriori allo scopo di giustamente tutelare i meriti riservati e rappresentati dalle onorificenze riconosciute dallo Stato. Attraverso l'ampia documentazione prodotta dall'appellante risulta che Paternò Francesco Mario è discendente della Casa Paternò Castello Guttadauro di Emmanuel; anche senza risalire a precedenti anteriori, pure dimostrati; una ordinanza del Re Ferdinando II del Regno delle Due Sicilie nell'anno 1853, della quale si trova menzione in ordine 30 marzo, dell'Intendente della Provincia di Catania, riconosce speciale privilegio alla onorificenze concesse dalla suddetta Casa, insieme a quelle concesse dal Romano Pontefice e qualche altro ente, consentendone l'uso mediante il portare decorazioni, a differenza di ogni altro derivante da ordini stranieri, senza bisogno dell'assenso reale. Essendosi formati diversi rami del Casato, ed in seguito ad invito reale, i diversi rappresentanti familiari convennero di riconoscere la titolarità dei poteri onorifici a Don Mario Paternò con patto di famiglia del 1853;
l'attuale imputato è nipote di lui per successione diretta e come tale erede e legittimo possessore anche della suddetta facoltà, concretante lo jus honorum, espressione della potestà onorifica di casato che lo conserva per tradizione familiare non essendosi verificata debellatio, cioè estromissione forzata del potere. L'appello pertanto deve essere accolto - omissis - P.Q.M. Il Tribunale, visto l'art. 523 C.P. in riforma della sentenza del Pretore di Monsummano Terme del 29 Maggio 1962 appellata da Francesco Mario Paternò Castello, assolve il medesimo dalla imputazione di cui all'art. 8. L. 3.3.1951 n. 158 perchè il fatto non costituisce reato.
A Pistoia, addì 5 giugno, 1964. F°. Il Presidente : Ciantelli, i Giudici :

Ponzetta, Stoppoloni est.

Il Cancelliere : Palamidessi.



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